Possiamo parlare di "bene comune" soltanto se lo intendiamo come "estensione universale dei diritti". Come è noto, la conquista dei diritti è progressiva, incompiuta e sempre annullabile. Di fatto e storicamente, le classi dominanti (che fondano il loro dominio sulla proprietà) hanno sempre detenuto lo spazio maggiore di liberà. Questa è l'evidenza dei fatti. "Bene comune" non significa altro che perdita da parte di una classe dominante di spazi di dominio ed acquisizione da parte di un' altra classe del diritto ad eguale spazio. "Bene comune" significa quindi conflitto fra una classe che detiene diritti che vuole mantenere, e un'altra classe che gode di meno diritti e che ne vuole acquisire. Ecco perchè il "bene comune"
- non è un terreno comune di intesa, ma è un campo di battaglia;
- non è un minimo comun denominatore che accomuna, ma un oggetto che deve essere spostato da una parte all'altra;
- non è la ragionevolezza di una intesa, ma è scontro vitale.
Parlare di "bene comune" è storicamente un non-senso, poichè nella logica dello sfruttamento (basata sul concetto di proprietà), si assiste solamente all'inseguimento, da parte di classi oppresse, della propria dignità, alla lotta di classi subalterne contro classi dominanti che con tutte le loro forze vorrebbero mantenere il dominio.
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