C.G. Jung amava raccontare un episodio, raccontatogli da un amico che vi aveva assistito, che ha come protagonista un "mago della pioggia" cinese.
Questi viene convocato - per le sue facoltà - in un villaggio che da lunghi mesi sta subendo una siccità interminabile, che nessuna invocazione è riuscita a debellare. Giunto con un carro sul posto, non appena ne discende e si rende conto del luogo in cui si trova, una espressione di disgusto lo prende; allora si fa condurre in una capanna vicina al villaggio dicendo di non volere essere assolutamente disturbato e che il cibo gli sia lasciato fuori. Trascorrono tre giorni, dopo i quali un tumultuoso temporale si addensa sul villaggio e comincia a piovere a dirotto e persino a nevicare. Nel tripudio generale, gli viene chiesto: "Ma allora è stato lei a far piovere ?" "Assolutamente no !" risponde. "Io ho solo fatto questo: quando sono arrivato qui, ho sentito immediatamente che la gente del posto viveva fuori del Tao e me ne sono fatto contagiare, allora mi sono dovuto allontanare per ritrovarlo, e rientrare in esso. Sono stato da solo tre giorni nella capanna, e l'ho ritrovato. In quel momento è iniziato a piovere".
Jung riferisce questa storiella per mettere in evidenza come possa esservi una sincronicità fra eventi individuali ed eventi più generali, e che il rientrare nel Tao - potremmo chiamarlo il ritrovare o il rientrare in se stessi - possa collegarsi alla vita del mondo che ci circonda e a quella del Cosmo intero. In generale, Jung invita ad utilizzare la categoria della "sincronicità" rispetto a quella - tipicamente occidentale - della "causalità".
Potrebbe allora essere un bell'esercizio quello di sviluppare la capacità di sentire - proprio nel senso di "percepire" -, in ogni luogo in cui si trova, se sia presente o meno il Tao, se la gente, gli ambienti che frequentiamo, siano nel Tao, oppure se si viva nella disarmonia, nell'incompletezza, e cercare - nel caso di percezione dell'armonia - di farsene assorbire, di scrutarne il senso, e nel caso contrario, di mutare noi stessi, se non per influire su ciò che ci circonda (il mago non causa la pioggia!) , per evocare la Totalità (per gran parte del pensiero orientale non c'è differenza fra Sè e Mondo, quindi il Sè, il pensiero, evocano il Mondo, lo rappresentano, ne sono immagine).
P.S. Negli ultimi tempi mi sono accorto (io non porto ancora occhiali) che il mio occhio destro ci vede meno da vicino, mentre il sinistro ci vede ancora perfettamente. Ma mentre scrivo queste righe, mi sono accorto che adesso è il sinistro a vederci meno, mentre è il destro che ci vede perfettamente !
Nessun commento:
Posta un commento